Cranberry (Vaccinum macrocarpon Ait.)

Il Cranberry, Vaccinium macrocarpon Ait., comunemente conosciuto come Mirtillo Rosso Americano, è una pianta appartenente alla famiglia delle Ericacee diffusa nel Nord America.

Arbusto sempreverde, prostrato, con fusto sottile, foglie coriacee. Fiori dal bianco al rosato, diametro fino a 1 cm. Il frutto è rosso, piccolo e rotondo, dal gusto acido e astringente a causa dell’alto tenore di tannini.

Nativo degli Stati Uniti, è naturalizzato in altre parti del mondo. costituenti che rendono il Cranberry un ottimo alleato contro le infezioni urinarie sono le proantocianidine (PAC). Queste impediscono l’adesione dei batteri patogeni alle pareti del tratto urinario, evitando in questo modo lo sviluppo dell’infezione. L’interesse sempre maggiore verso questo frutto è dovuto al fatto che l’utilizzo prolungato di antibiotici per la cura della cistite può provocare farmacoresistenza. I nativi americani furono i primi ad utilizzare il Cranberry per le sue proprietà medicinali, per trattare disturbi dell’apparato digerente, epatiti e febbre.

Alla fine dell’800 alcuni medici tedeschi osservarono l’attività antisettica di questo frutto, nelle infezioni delle vie urinarie. Numerosi studi hanno dimostrato l’attività del Cran- berry. Il primo studio clinico che valutava l’effetto del Cranberry sul tratto urinario fu pubblicato nel 1966. Papas et. al descrissero l’effetto del succo di Cranberry in 60 pazienti con batteriuria i quali ricevettero 480 ml di succo al giorno per tre settimane. Dopo il trattamento, il 53% dei pazienti ebbe una risposta positiva e un ulteriore 20% ebbe un beneficio più modesto; dopo sei settimane però, dopo aver interrotto il trattamento, l’infezione ricomparve nella maggior parte dei soggetti. Gli studi clinici successivi hanno dato risultati contrastanti, dovuti anche all’utilizzo di preparati di scarsa qualità. Studi clinici svolti invece con preparati standardizzati hanno dimostrato con certezza che l’uso del Cranberry può diminuire il numero di episodi sintomatici in donne affette da infezioni del tratto urinario.

Uno studio del 2006 effettuato sull’uomo, ha voluto indagare la capacità del Cranberry di inibire l’adesione dei batteri alle pareti delle vie urinarie, analizzando l’urina degli stessi. Lo studio, in doppio cieco, randomizzato, placebo-gruppo di controllo e cross-over, comprendeva 20 volontari sani, metà uomini e metà donne. Ogni gruppo alla sera, oltre alla normale dieta ha ricevuto: o 250 ml di placebo più 500 ml di acqua o 250 ml di succo di Cranberry più 500 ml di acqua o 750 ml di succo di Cranberry o 750 ml di acqua. Ogni volontario ha preso le quattro bevande in un ordine casuale, con un periodo di sospensione di almeno 6 giorni tra una somministrazione e l’altra. È stata quindi prelevata la prima urina del mattino ed utilizzata come supporto per verificare la crescita batterica, utilizzando 6 ceppi di Escherichia coli prelevati da soggetti affetti da infezioni al tratto urinario. È stata osservata una notevole diminuzione dell’aderenza batterica a seguito dell’assunzione del succo di Cranberry. Una recente meta-analisi dei risultati di due studi randomizzati ha evidenziato che, in pazienti con ricorrenti infezioni delle vie urinarie, il Cranberry riduce l’incidenza delle recidive del 39% nell’arco di un anno.

Attualmente, sulla base degli studi clinici randomizzati che hanno utilizzato estratti standardizzati, è risultato che per l’attività antibatterica è necessario introdurre almeno 36 mg/die di PAC.

I componenti attivi del Cranberry sono le proantocianidine (PAC) o tannini condensati, appartenenti alla famiglia dei polifenoli. I tannini condensati, nelle piante, agiscono come difesa contro patogeni, erbivori e condizioni ambientali ostili, inducendo una risposta negativa quando sono mangiati, producendo astringenza, sapore amaro, o ritardando la risposta agli effetti antinutrizionali o tossici. Hanno però anche effetti benefici sull’uomo e sugli animali, dato che sono dotati, oltre che delle proprietà astringenti e antidiarroiche, anche di altre quali: antiossidante, antibatterica, antivirale, antitumorale, antinfiammatoria, antiallergica. Il Cranberry possiede un alto numero di PAC di tipo A, le quali, a differenza di quelle di tipo B, possiedono capacità antiadesiva nei confronti delle P-fimbrie.

Oltre a questi componenti attivi (PAC), il frutto del Cranberry contiene più dell’80% di acqua e il 10% di carboidrati. All’interno troviamo acido ascorbico, flavonoidi e altri composti fenolici. L’acido benzoico è il principale composto fenolico, mentre i principali flavonoidi sono quercetina e miricetina. Il Cranberry contiene anche acidi organici come l’acido citrico, malico e chinico.


Tale pianta, secondo i risultati di numerosi studi clinici e prospettici, è risultata un utile coadiuvante nella prevenzione delle infezioni del tratto urinario, in particolare la cistite.
Gli studi hanno infatti evidenziato che le bacche, da cui si ottiene l’estratto, sono ricche in proantocianidine, sostanze in grado di inibire l’adesione dei batteri alle pareti della vescica, sostenendo l’organismo nell’affrontare eventuali recidive.

Meccanismo d’azione.

In passato si riteneva che il meccanismo d’azione del Cranberry fosse l’acidificazione delle urine, attraverso gli acidi organici contenuti nel frutto. Si pensava che l’acido ippurico (molecola attiva dell’acido benzoico contenuto nel frutto di Cranberry), una volta escreto nell’urina, svolgesse attività batteriostatica. L’assunzione però del massimo quantitativo di succo tollerato al giorno (4 litri), non portava all’escrezione di acido ippurico sufficiente a raggiungere concentrazioni urinarie tali da avere effetto batteriostatico.

Successivamente si è dimostrato che l’azione consiste nel potere antiaderente esercitato sui batteri. Il primo studio ad aver dimostrato che il Cranberry poteva impedire l’adesione dei batteri al tessuto epiteliale è stato pubblicato nel 1984 da Sobota. I suoi risultati mostravano che il succo di Cranberry diminuiva di oltre il 75% la capacità adesiva del ceppo dell’E. coli, isolato in pazienti affetti da infezioni delle vie urinarie. Nel 1998 è stato dimostrato che il Cranberry agisce sulle P-fimbrie secondo vari meccanismi d’azione. Il primo è il legame tra PAC e P-fimbrie; questo permette alla cellula batterica di non aderire alle cellule uroepiteliali. Il secondo è la riduzione della lunghezza e della densità delle P-fimbrie. Il terzo consiste nella deformazione di corpi cellulari del batterio. L’ultimo meccanismo d’azione è legato alla modificazione del potenziale elettrico permettendo così al batterio di non aderire e quindi generare infezione.